Ultime notizie dalla famiglia

Dice “quale famiglia?”, che qui ci sono solo pinguini, un cane, un corvo, il gatto il topo l’elefante… Ah, no. Era un’altra cosa.

Comunque. Sono ancora viva. Scrivo poco, in effetti ho passato poco tempo pure sui social perché quello dove scrivevo di più, il solito facebook dove mi bloccano il profilo una settimana sì e l’altra no, anzi magari ci provano poi dopo un’ora mi sbloccano perché ‘ci siamo sbagliati’, da qualche tempo ha cominciato a non mostrare in home i post con alcune parole chiave, tipo Gaza, Palestina e genocidio.

Ora. Non credo di aver bisogno di precisare che non sono antisemita. A parte che se fossi antisemita mi dovrebbero stare sul cazzo ebrei e palestinesi, visto che sono popolazioni semite entrambe. A parte. Signora mia, l’uso delle parole ad mentula canis sarà la prima causa di distruzione della nostra civiltà.

Ma a parte questo, io sono convinta che in questo momento in Palestina sia in corso un genocidio. Non ho altre parole per definire il tentativo di eliminazione della popolazione della striscia di Gaza perpetrato dal governo israeliano, se ne avete un’altra indicatemela, ma così a occhio come è stato un genocidio quello perpetrato nel Kosovo anni fa lo è anche quello a Gaza. Perché essere ebrei non ti rende immune alla possibilità di essere stronzi come esseri umani. Nessuno è immune da quella roba che ti porta a smettere di considerare una popolazione come sacrificabile e cancellabile, e no, il fatto che esista Hamas e che il 7 ottobre ci sia stato un attentato con 1200 vittime israeliane non giustifica una ritorsione in cui al 21 gennaio, ultimo dato che ho trovato, si contavano più di 25000 morti, il 70% donne e bambini secondo una stima non di Hamas ma dell’ONU, provate a dire che l’ONU è antisemita se ci riuscite.

L’ho detto? L’ho detto.

Non ne parlo molto, specie in pubblico, perché appena si parla del conflitto ci si ritrova nemici di una o dell’altra parte. E diciamo che arrivata a 48 anni quasi 49 comincia a stufarmi il giochino dell’amico del mio amico che è il mio nemico, ho le mie opinioni precise sul conflitto e sulla questione palestinese, non le ho mai nascoste, penso che il problema sia legato soprattutto a Israele e al bisogno dell’Occidente di avere uno stato di Israele in uno dei luoghi più caldi del mondo, e non ho cominciato a pensarlo dopo il 7 ottobre come sapevo prima e so adesso che Hamas è un gruppo terroristico, quindi non mi piace, Hamas.

Però mi piacciono gli esseri umani e ci sono degli esseri umani che vivono in Israele e in Palestina, e penso che a un certo punto esista una sola risposta. Si chiama due stati. Lo penso da anni, pure se ho le mie convinzioni, perché c’è questa cosa fantastica dell’essere persone con delle idee. Si può pensare che esistano delle responsabilità e contemporaneamente pensare che continuare una guerra per decenni, una guerra dove esiste una parte più fragile, più indifesa e più in balìa dell’esercito israeliano e di Hamas (che non è la panacea dei mali palestinesi, è semmai un effetto collaterale portato da ottant’anni quasi di questione palestinese, una roba che i governi israeliani che si sono succeduti si sono cercati con una precisione chirurgica) a un certo punto non porta più da nessuna parte.

Solo che io sono in Italia, in Occidente, e chissà perché da questa posizione ultimamente bisogna dire che ha ragione Israele, senza se e senza ma, altrimenti ci prendono per brutti e cattivi antisemiti (ancora? NONE), sennò arrivano a bacchettarti perché se non sei pro Israele allora sei pro Hamas e perché non prendi posizione e tutte le cazzate che hanno portato un sacco di gente a perdere la voglia di esprimersi in pubblico. Tanto come ti esprimi sbagli.

In effetti la ragione per cui ho perso la voglia di scrivere come la penso su molte delle questioni rilevanti su cui bisognerebbe per forza avere un’opinione è l’impossibilità di non schierarsi acriticamente.

Una volta si poteva discutere anche con toni accesi stando su posizioni opposte. Poi si smetteva di discutere e si andava a bere il caffé. Tipo il bar della scuola dove Nietsche e Marx si davano la mano e parlavano insieme dell’ultima festa e del vestito buono, nuovo, fatto apposta, e mannaggiammé ho citato pure Venditti e adesso mi attirerò i Gruppi Armati AntiVenditti che ci tengono a dire che loro no, non lo hanno mai ascoltato. E io sì, e pazienza (vi tolgo subito il dubbio, ho ascoltato anche i Pooh, Ramazzotti, Luca Barbarossa, canto Claudio Baglioni, conosco buona parte del repertorio di Toto Cutugno, pace all’anima sua, come conosco De Gregori, Guccini, De André, EELST, i Beatles, David Bowie, gli Wham, i Beach Boys, e pure Mozart, oddio conosco pure Mozart. Posso peggiorare, ma anche migliorare)

Adesso no. Adesso un* su un qualsiasi social prende una posizione opposta alla mia e devo per forza dire che è mi* acerrim* nemic*, e se non lo faccio sono complice. Non si sa di che.

Sto esagerando? A me non sembra. Scorrendo i post degli anni precedenti su facebook mi rendo conto che questa cosa è iniziata lontano, probabilmente all’inizio era stata sotterranea, limitata a cose serie su cui è impossibile discutere, tipo l’essere antifascista o antirazzista. O antiomofob*.

Poi è successo qualcosa. Non era possibile dire che un libro che piaceva a tutt* a noi non diceva niente, non era possibile dire che un hamburger vegetariano può essere un hamburger perché cosa lo chiami a fare hamburger se non c’è la carne (insomma, ham sarebbe prosciutto, ma capiamoci, a noi onnivori cosa cazzo ci frega se un* vegetarian* vuole chiamare hamburger qualcosa che per definizione non contiene prosciutto? Saranno mica fatti suoi? Poi diciamolo, certi hamburger vegetariani e persino vegani sono buoni, qualsiasi nome portino, come certi hamburger di carne fatti male sembrano suole di scarpe riscaldate).

Poi c’è stato il Covid e abbiamo visto cosa è diventata la comunicazione, come l’etichetta di Novax data a cazzo di cane, e non mi soffermo oltre.

Poi c’è stata la Russia che ha invaso l’Ucraina e già lì chi parlava di pace era il nemico pubblico numero uno insieme a Putin.

Adesso siamo a Israele e Palestina. Non so quale sarà il prossimo grande argomento che creerà una dicotomia.

Però è un gioco che mi interessa poco. Ho le mie opinioni, e sono stufa di doverle giustificare ogni volta che le esprimo su un social network. Oltretutto spesso dovrei esprimermi su questioni di cui non so abbastanza.

Anche basta, a un certo punto. Quindi mi fermo, ho parlato abbastanza.

(il bello è che volevo parlare di tutt’altro, ma tant’è. Sarà una buona scusa per scrivere un altro post, senza aspettare due mesi, stavolta)

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