Una storia semplice

Questa storia comincia un sacco e una sporta di tempo fa, prima che io nascessi.

Questa storia riguarda mia madre e riguarda me.

La storia comincia quando mia madre era giovane, molto prima di incontrare mio padre e di sposarsi.

Non ho mai capito come si fossero conosciute, mia madre e Ambra, perché mia madre non raccontava molto, o almeno ci provava ma l’affabulazione non è mai stata un tratto peculiare dei Greppi.

Quello che so di mamma lo so da papà e dal racconto della sua amica Ambra.

Ambra la conoscevo da bambina, Ambra dalle poche frasi intelligibili di mamma era la sua amica che aveva sposato un ingegnere e che aveva mandato i figli allo Zaccaria. Lo Zaccaria per i non milanesi è uno dei licei più blasonati e più tosti di Milano ed è frequentato da gente di un certo tipo. Il tipo che io non sono e che non potrei diventare perché quel tipo di persona ci nasci per famiglia e per cultura.

È una scuola per gente della Milano bene.

Allora io dai racconti di mamma pensavo ‘va che cosa figa, quindi Ambra ha fatto la scalata sociale, allora si può’.

Dalla figlia di Ambra io ho ereditato una serie di vestiti di buona qualità che essendo figlia degli anni 70 mi mettevo tranquillamente, eravamo bambini abituati al riuso da molto prima che diventasse una roba da radical chic. Eravamo figli e nipoti di generazioni che avevano ancora una memoria vivida della miseria della guerra e se ti passavano un cappotto nuovo e di sartoria che una bambina non metteva più te lo mettevi anche se tuo padre con il suo lavoro prendeva pure la quindicesima. Perché quello era il mondo.

Da bambina ho visto Ambra e sua figlia Federica, nella loro casa in zona Porta Romana, e non lo sapevo all’epoca ma vivevano in una delle zone ricche di Milano. L’ho scoperto dopo anni.

Il figlio Carlo, più grande, era una figura mitologica di cui si parlava tanto ma chi lo aveva mai visto?

Federica invece era reale.

Ed è stata anche una persona importante per la mia scrittura, anche se non lo ha mai saputo.

Ma andiamo con ordine.

Quando mamma è morta ho dovuto fare quella cosa sgradevole che fanno i figli: recuperare tutti i contatti delle persone che l’hanno conosciuta e chiamarli.

Ambra era la prima che mi è venuta in mente ma di Ambra non avevo un numero di telefono perché ormai usava solo un cellulare e mamma non lo aveva mai scritto da nessuna parte. Quando si parlavano era Ambra che la chiamava.

Così ho cercato il nome di Federica su facebook, una delle poche volte in cui facebook è stato utile. L’ho trovata facilmente, il suo cognome è inusuale e soprattutto c’era lo Zaccaria come riferimento. Non era possibile che ci fossero più Federica con quel cognome che avevano frequentato lo Zaccaria.

Le ho scritto e le ho raccontato tutto quello che era successo, lasciando il recapito.

C’è voluta qualche settimana perché Federica leggesse il messaggio, perché Facebook non mostra le richieste di messaggio di chi non è tra i tuoi contatti, le nasconde.

Un sabato sera mi arriva una telefonata da un numero sconosciuto. È Ambra e io capisco che il messaggio è stato ricevuto.

E lì succede una cosa che non sapevo potesse succedere ma me lo sarei dovuto aspettare.

Ho pianto poco, per la morte di mia madre, me ne sono resa conto e me ne rendo conto da sola. Sono frastornata, faccio un sacco di cose e mi sono specializzata nella fuga. Tutto quello che posso fare per non pensarci lo faccio.

Lì non potevo scappare da nessuna parte perché avevo innescato io la chiamata che in quel momento non volevo sentire.

E ho cominciato a piangere. Non sapevo nemmeno se ero in grado di gestire il dolore di una persona che era lì con mia madre prima che io nascessi.

Alla fine l’ho fatto e dopo i racconti di quando erano giovani e il rimpianto di non essere potuta venire al funerale, abbiamo cominciato a parlare di noi figli che siamo grandi.

E ci siamo sentite via whatsapp, lei sa come usarlo grazie a Dio, per cercare di organizzarci e vederci.

Non sono fuggita, stavolta. Ci sono andata. E ci sono andata per scoprire che tutto quello che avevo sempre pensato non era reale. Ambra mi ha raccontato una storia completamente diversa, di due persone che erano di due classi sociali diverse ma si sono incontrate e volute bene.

Perlomeno da parte di Ambra è stato così, perché mamma era difficile da comprendere.

Dovevo stare poco, avevo un impegno. Sono stata due ore e tre quarti a farmi raccontare persone che avevano popolato la mia infanzia dal punto di vista di mia madre e la loro evoluzione.

Ho trovato una famiglia finalmente funzionale, di persone che sono insieme sapendo perfettamente perché hanno messo su famiglia.

E in tutto questo racconto di cose passate, presenti e dove si vedeva un futuro, una delle cose più difficili da immaginare di questi tempi, è arrivato lo spin off.

Una cosa che era di Federica, solo di Federica, e in un certo senso anche solo mia, perché nessuno fino a quel giorno ne aveva mai saputo nulla.

È successo che all’università ho trovato su una rivista di noi universitari un racconto scritto da Federica, un racconto a sorpresa, perfetto per lunghezza e per numero di parole, un racconto che giustamente ha vinto un premio.

Ho ritagliato quel racconto e l’ho tenuto nel portafogli per anni. Anche a Roma lo avevo nel portafogli.

Quel racconto ha superato cambi borse, cambi portafogli, inondazioni di acqua dovute alla pioggia o a bottigliette chiuse male, era un foglietto dai bordi consunti ma ogni tanto lo rileggevo e avevo la stessa sensazione iniziale.

Un giorno sulla metro B mi hanno rubato il portafogli.

Quel racconto è l’unica cosa che avrei voluto riavere indietro e che non era recuperabile.

Quel giorno ho parlato per la prima volta del racconto che mi ha tenuto compagnia per anni e che non avevo più all’unica persona che poteva forse aiutarmi a recuperarlo. Presente quando Harry Potter ripara la sua bacchetta con la bacchetta di sambuco perché se non riesce quella allora non c’è più niente da fare? Ecco, così.

Il giorno dopo Federica mi ha mandato una foto del racconto tramite facebook.

Ed è stato un giorno bellissimo.

Come è stato un bel giorno quello in cui sono andata a parlare con Ambra perché dovevo recuperare un po’ di mia madre da chi la conosceva prima che nascessi.

Il racconto.

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